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Archivio News - 2023

12/04/2024

In partenza a metà aprile il primo esperimento di iniezione a lungo termine

Il team del BedrettoLab sta per affrontare una nuova fase di esperimenti. Nell’ambito del progetto FEAR sarà avviata a metà aprile una sequenza di test di stimolazione idraulica. Sfruttando le conoscenze acquisite dagli esperimenti condotti nel quadro del progetto VALTER, il team ha in programma iniezioni continuate per un periodo prolungato, da due a quattro giorni, per consentire la riattivazione e l’estensione della rete di fratture del giacimento creata in precedenza. Sotto il profilo scientifico, il team si concentrerà principalmente sulla risposta sismica del giacimento, con l’obiettivo di scalare la sismicità verso eventi maggiori rispetto a quelli osservati in precedenza.

Negli esperimenti passati, il maggiore tra i microterremoti osservati ha toccato una magnitudo pari a -2: nel prossimo test M0 il team punta a raggiungere una magnitudo pari circa a 0. Un evento di questo tipo avrebbe un’ampiezza circa 100 volte maggiore e rilascerebbe approssimativamente 1000 volte più energia rispetto a un terremoto di magnitudo -2. Tale sisma produrrebbe una frattura di circa un centimetro su un’area di circa due metri per due, consentendoci di studiare dove e quando un microterremoto del genere ha origine, in che modo avviene la rottura e quando si ferma. Per fare un confronto, un terremoto naturale di magnitudo 6 con un tempo di ritorno in Svizzera compreso tra i 50 e i 150 anni produce una frattura di un metro su un’area di dieci chilometri per dieci, rilasciando circa un miliardo di volte più energia.

Eventi di magnitudo 0 si sono già verificati naturalmente nelle vicinanze della galleria; tali microterremoti rimangono ad ogni modo da 100 a 1000 volte troppo piccoli per essere percepiti dalla popolazione della Val Bedretto a una distanza di diversi chilometri. La probabilità di eventi indotti di maggiore entità che potrebbero essere rilevati nella valle rimane estremamente bassa. Ad ogni modo, anche microterremoti di magnitudo compresa tra 0 e 1 possono essere percepiti a una distanza fino a qualche decina di metri. Al fine di escludere anche il minimo rischio per le persone che si trovano nella galleria, gli esperimenti non solo saranno monitorati con estrema attenzione, ma per la prima volta saranno anche completamente controllati a distanza. Durante l'iniezione principale non sarà ammessa la presenza di nessuna persona nella galleria. La possibilità di sfruttare il controllo remoto acquisirà un’importanza ancora maggiore in una fase successiva del progetto FEAR, quando si punterà a interessare aree di 10 metri. 

Durante la parte principale dell’esperimento, per sette giorni circa 20 membri del team del BedrettoLab lavoreranno con la massima concentrazione con turni estesi sulle 24 ore. Il loro compito primario sarà monitorare in tempo reale la pressione, la portata, la deformazione e il comportamento della sismicità. Anche la risposta geobiologica e geochimica del giacimento sarà tenuta sotto stretto controllo, per esempio per rilevare possibili precursori di fratture notevoli. Come già per i test precedenti, l’esperimento sarà regolato da due sistemi semaforici: se le vibrazioni osservate o la magnitudo supereranno soglie predefinite, l’esperimento sarà interrotto immediatamente e sarà avviato lo spurgo; gli esperimenti condotti in passato hanno evidenziato che così facendo la sismicità diminuirà nettamente in un tempo compreso tra qualche minuto e qualche ora.

02/04/2024

Un nuovo progetto per testare l'accumulo di energia termica nelle rocce fratturate

Un nuovo progetto intitolato "BEACH: Bedretto Energy Storage and Circulation of Geothermal Energy" è appena iniziato con una prima riunione del consorzio. Si tratta di un progetto pilota e dimostrativo finanziato dall'Ufficio Federale Svizzero dell'Energia (UFE), dedicato alla sperimentazione, allo sviluppo e all'introduzione di nuove tecnologie dalla ricerca al mercato industriale svizzero.

Il consorzio del progetto è composto da scienziati del BedrettoLab, del gruppo Geothermal Energy and Geofluids dall’ETH di Zurigo, da ricercatori della SUPSI e da esperti del settore dell'Azienda Elettrica Ticinese (AET) e di Geo-Energie Suisse (GES).

BEACH svolgerà un ruolo chiave nell'affrontare le sfide della transizione energetica svizzera, dimostrando una nuova tecnologia per l'immagazzinamento e il recupero di energia nel sottosuolo. Con lo spostamento della rete energetica verso le energie rinnovabili, come l'energia eolica o solare, le fasi stagionali del surplus di domanda energetica richiedono una soluzione efficiente e sostenibile per l'accumulo di energia. Mentre l'immagazzinamento di energia termica in sedimenti non consolidati (ad esempio nei Paesi Bassi) è ben affermato, l'immagazzinamento di calore nelle rocce dure e fratturate più comuni in Svizzera rimane in gran parte inesplorato. Il progetto BEACH esplorerà il cosiddetto accumulo di energia termica fratturata nella limitata permeabilità delle rocce cristalline del BedrettoLab.

Per dimostrarne la fattibilità, l'acqua calda (30-70 °C) sarà iniettata nelle fratture esistenti, dove sarà immagazzinata e mantenuta calda dalla roccia circostante fino a quando non sarà nuovamente recuperata. In uno scenario di implementazione reale, il calore potrebbe essere convertito in energia o utilizzato per il teleriscaldamento.

I test sono accompagnati da un monitoraggio completo in tempo reale e da simulazioni numeriche per ottimizzare il sistema di energia geotermica. In ultima analisi, la tecnologia sarà proposta a livello cantonale e nazionale per siti su scala reale che saranno realizzati da partner industriali come parte aggiuntiva del progetto. Un serbatoio su scala reale in roccia cristallina potrebbe essere realizzato in prossimità di infrastrutture con un elevato eccesso e/o domanda di energia, come le aree industriali, a profondità comprese tra 1 e 3 chilometri.

Maren Brehme del Politecnico di Zurigo è a capo del progetto BEACH, premiato con un fondo di 2,96 milioni di CHF. La comunità di Bedretto e il Canton Ticino sostengono il progetto di diffusione della tecnologia a livello nazionale.

27/02/2024

Uno sguardo in profondità su rocce e pianeti lontani: la ricerca geobiologica nel BedrettoLab

Cara Magnabosco è professoressa di geobiologia, e con il suo gruppo conduce ricerche presso il BedrettoLab. In particolare, Cara è interessata agli ambienti sotterranei e cerca forme di vita semplici come batteri o altri microrganismi in grado di sopravvivere «respirando le rocce». Una delle questioni fondamentali sulle quali sta indagando riguarda le condizioni alle quali la vita è in grado di emergere e sussistere. Nel BedrettoLab lei e il suo team hanno già individuato alcuni microrganismi rari e affascinanti e stanno effettuando diversi esperimenti per approfondire le conoscenze sul loro modo di vivere.

Di cosa si occupa la tua ricerca al BedrettoLab?

Il mio percorso di ricerca presso il BedrettoLab ha avuto inizio nel 2020. In generale, nel mio campo non è facile avere accesso agli «ecosistemi profondi». Il fatto di essere così vicina al BedrettoLab e di avere la possibilità quasi permanente di accedervi è quindi un’opportunità eccellente. All’inizio volevamo solo scoprire che cosa c’era nei pozzi e nell’acqua che scorre attraverso le diverse fratture. Abbiamo iniziato a prelevare diversi campioni di acqua per farci un’idea della sua origine e delle sue proprietà chimiche. Il nostro obiettivo era identificare le fonti di energia nell’acqua o sulla superficie rocciosa in grado di nutrire i microorganismi. Tra queste si annoverano ad esempio CO2 o azoto, rintracciabili in quantità diverse in tutto il tunnel.

Una volta avuta un’idea più precisa su cosa c’era, abbiamo iniziato anche a esaminare gli effetti delle stimolazioni idrauliche sul microbioma, ossia sui microrganismi esistenti in un particolare ambiente. Durante le stimolazioni abbiamo osservato dei cambiamenti nelle proprietà chimiche dell’acqua e nelle popolazioni microbiche . Al momento ci stiamo occupando di un pozzo di monitoraggio geobiologico e «osserviamo» proprietà chimiche e biologia sul lungo periodo con diversi sistemi di misurazione permanente. In questo pozzo effettuiamo vari esperimenti per avere una migliore comprensione delle modalità con cui sopravvivono e si evolvono i microrganismi nel BedrettoLab.

Abbiamo anche installato stazioni di monitoraggio aggiuntive per scoprire se nel sistema sussistono variazioni stagionali o associate all’esperimento. L’intero progetto è stato battezzato «DELOS», acronimo di «Deep Life Observatory» (Osservatorio della vita in profondità), un tributo all’isola greca di Delo in cui è vietato morire. I microrganismi che proliferano nel DELOS di Bedretto si sono rifiutati di morire, pur vivendo a centinaia o migliaia di metri di distanza dal Sole e dalla superficie.

Quali strumenti e metodi utilizzate?

Di solito il mio team si presenta nella galleria armato di secchi e molte bottiglie. Utilizziamo questi recipienti per prelevare campioni di acqua direttamente dai pozzi o da una sorgente situata in qualche punto del tunnel. Dopodiché li riportiamo nel nostro laboratorio qui presso l’ETH di Zurigo e li analizziamo: osserviamo al microscopio le gocce d’acqua, effettuiamo analisi chimiche o, se identifichiamo microrganismi interessanti, proviamo a coltivarli e a sequenziarne il DNA. Dal momento che raccogliamo grandi quantità di dati sull’ecosistema DELOS nel suo complesso, ci avvaliamo anche di tecnologie di machine learning per combinare questi dati con le analisi del DNA. Gli algoritmi dell’apprendimento automatico ci aiutano a identificare degli schemi e, in ultima analisi, anche delle correlazioni tra l’ambiente o i cambiamenti che vi sono occorsi e hanno comportato delle mutazioni nei microrganismi, ad esempio batteri, e la presenza di determinate forme di vita.

Avete fatto delle scoperte sorprendenti nel corso delle ricerche nel BedrettoLab?

Abbiamo trovato una grande popolazione di una serie di ultramicrobatteri estremamente interessanti, caratterizzati da genomi estremamente piccoli rispetto alle forme di vita complesse come le piante: sono tra le più piccole forme di vita presenti sulla Terra. Quindi ci chiediamo perché questi batteri si ritrovino proprio qui, di cosa abbiano bisogno per sopravvivere e da dove abbiano origine.

Durante le stimolazioni idrauliche abbiamo anche scoperto un cambiamento nelle proprietà chimiche dell’acqua che molto probabilmente deriva dalle nuove fratture create nella roccia. In altre parole, quando la roccia si spezza, si innesca una reazione nella quale le molecole d’acqua si dividono e si liberano idrogeno e ossigeno. Ne risulta un liquido altamente reattivo che offre energia per la potenziale vita. Ci chiediamo se forse le prime forme di vita sulla Terra abbiano sfruttato una fonte di energia di questo genere.

Con il «Center for Origin and Prevalence of Life» (Istituto di studi sull’origine e la prevalenza della vita) hai anche volto lo sguardo ad altri pianeti e alla possibilità di vita extraterrestre. Qual è il legame tra la tua ricerca e la vita su altri pianeti?

La reazione che ho descritto prima, in cui silicati come il granito del Rotondo reagiscono con l’acqua producendo energia biochimica, è abbastanza generica. In altre parole, potrebbe avere luogo anche nel sottosuolo di altri pianeti e alimentare ecosistemi alternativi. Questo percorso di reazione rende più plausibile la presenza di vita extraterrestre, ad esempio su Marte.

24/01/2024

Il Robotic Systems Lab dell’ ETH nel BedrettoLab

Venerdì scorso, un gruppo del Robotic Systems Lab dell’ ETH di Zurigo ha testato il suo robot Chimera, dotato di ruote e gambe, nel BedrettoLab. Il robot è stato istruito per servire per il salvataggio, la logistica o il monitoraggio in ambienti non accessibili all'uomo. Il BedrettoLab e l'area antistante l'ingresso del tunnel si sono rivelati un ambiente ideale per testare le capacità di locomozione e navigazione del robot in condizioni difficili.